sabato 1 dicembre 2007

Ci sono sostanzialmente due cose che non sono mai riuscito a tollerare in vita mia: la mediocrità e la stupidità. Purtroppo, e mio malgrado, ho dovuto constatare che entrambe ovunque abbondano e debordano, assieme alle loro consobrine e sorelle: presunzione e superficialità.
Viviamo nel rutilante universo dell'opinione e del glamour: chiunque abbia un aborto di sensazione, una presunzione mal riposta di conoscenza o un'attitudine camaleontica a mimare il potere, si ritiene in dovere di comunicarcelo e pretende - l'anima bella! - d'essere preso seriamente in considerazione.
E' questa la "fortuna dei blog" [non del mio e dei suoi due lettori, ovviamente ;-) !] e la loro inossidabile iattura.
Personalmente credo che chiunque abbia in mente di liberare parole nella virtualità - o di introdurne altre in risposta o feedback - farebbe meglio a valutare con sincerità se ciò sia effettivamente cogente e necessario e se la sua competenza in proposito sia plausibilmente e dimostrabilmente superiore alla propria millantante autostima.
So bene che l'auspicio è vano, ma a 43 anni, beato illuso, mi picco ancora di sognare...
Per chi ha tempo da perdere, consiglio un'attenta rilettura della Repubblica di Platone, magari in lingua originale: è quello, che vi - ci piaccia o meno, l'unico antidoto plausibile alla decadenza della democrazia in senso occidentale.
sw

venerdì 9 novembre 2007

Zorç...

Zorç lu vevi cognossût di persone za fa cualchi an, intal 1999...
O condusevi un program su Radio Spazi 103, dulà ch'o intervistavi omps ch'a vevin fat la storie de musiche furlane in tancj gjenars diferents, cualchidun ancje sbeleât dai snacaiôs: il Trio Pakai, Gjgj Maieron prin ch'al deventàs Luigi, Dario Zampa (joisus, sì, ancje lui!), Zorç Ferigo e la storie dai Povolâr Ensemble...
Jo m'impensavi di "Comeglians piçul borc, paîs bastart e sporc" cuntun sens di sogjezion e rispiet par cui ch'al veve vût il snait e il cûr di puartâ Cecco Angiolieri e Rustico Filippi in Cjargne, e ancje la malincunie suturne e anarchiche dal Guccini d'un temps...
Storiis ch'a s'invan, in dì di vuè...
Zorç mi s'jere imparût a colp un omp interessant, inteligjent, ironic, plen tanche un scus di ideis e di propuestis. E, tal fraienfri, al fumave come un cjamin...
Cuanch'i vevi dit ch'o mi jeri laureât in letaris antighis (brauris lofiis di cuanch'o jeri plui zovin...) e ch'o cognossevi avonde ben il grêc, un lamp i jere tarlupât tai voi e mi veve dit: "Parcè no tradusistu par furlan (che par lui al voleve dî "cjargnel") lis "Troianis" di Euripide: a podaressin deventâ "Las feminas di Truia" e il coro, seont lui, a varessin vût di jessi propite las feminas di chel piçul maraveôs borc da val Pesarina. Sul moment mi jere semeade une provocazion matarane, ma d'inchevolte no ai rivât adore di smenteâmi di chê straordenarie intuizion e mi rosei ancjimò vuè par no vêi dât seont a di chê propueste...
Podarajo fâti un regâl, dibant e masse tart, Zorç ? No sai s'o rivarai insomp, ma distès o provarai a tradûsi "Las feminas di Truia", cumò che, sence merit, o puès dutune gjoldi e patî il gno sium di jessi nassût furlan e inludimi di murî cjargnel...
sw

martedì 16 ottobre 2007

La mê opinion e conte pôc, o nuie piç. Ma distès, achì, che nissun mi viôt e mi sint, o ai gust di pandile.
Poben, a dîle rude e sclete, jo o pensi ch'o vin mateât avonde cu la lenghe furlane. E jè une lenghe maraveose, tanche dutis lis lenghis, par cui che le cognòs, le fevele di frut incà, le lei (pôcs) e le scrîf (cuatri - biei - gjats).
Aromai o vin lis leçs di pupilance (iperfurlan? alore miôr: tutele), grafie normalizade, vocabolari (in fieri, ma a bon pont), coretôr ortografic, studis di ogni fate e indagjinis linguistichis. Mi vignarès plui naturâl dî lenghistichis, ma il professôr Sandri al stuarzarès il nâs, e, stant che ancje jo o ai studiât alc di glotologjie e lenghistiche - velu il mone, o intindevi dî "linguistiche" -, no pues migo fâ la figure dal gnogno!...
E duncje? Ce nus mancjal?
Cagneris: un popul braurôs de sô culture e de sô lenghe. Prime "culture" e daspò "lenghe". Parceche une culture no jè dome une lenghe, siben che la lenghe e sedi une colone puartant de culture.
In chescj agns si à fevelât scuasit dome che di lenghe. E ce scuarnadis, e tropis monadis, e ce ignorance su chest cantin! Ma culì i glotolics, i lenghiscj (pardon: linguiscj), i furlaniscj in gjenar a an scombatût e sclarît fint avonde ce ch'al è just e mutivât e ce no.
Provìn, però, a fâ un zûc inocent, siben no stupit dal dut: domandìn a un furlan cualsisei di lassâ piardi par un moment la lenghe (par finte, veh!) e di sclarî ben e in curt in ce ch'e consist la "furlanetât" e in ce che si disferenzie in maniere sostanziâl un furlan di un venit o di un lombart, di un toscan o di un piemontês...
O resti in spiete des vuestri rispuestis...
P.S: Us domandi perdon de libertât grafiche des elisions: a esistin in grêc, talian, francês, ma in furlan normalizât no: il furlan al è simpri un pas devant di chei altris e al marcje la direzion...

venerdì 10 agosto 2007

Finora non sono riuscito a scriverlo, ma, alla fine di luglio, sono entrato ad Auschwitz.
Erano anni che, penosamente e silenziosamente, studiavo, leggevo, scrivevo intorno all'inestricabile dramma dell'olocausto o shoah, che dir si voglia.
Si trattava di una visita di gruppo, organizzata e guidata, cui mi ero aggregato per l'insistenza dell'amico che mi accompagnava, mentre io avrei preferito andarci con mezzi pubblici e la libertà di fermarmi dove, come e quanto desideravo ...o magari fuggirmene subito.
Mi vergognavo. Non so spiegarmi precisamente per chi, perchè, per cosa, però mi vergognavo.
E mi vergogno tuttora: mi ossessiona la terribile sensazione che avrei potuto essere io (e magari potrei...?!) uno dei normali carnefici, dei banali burocrati della fabbrica di morti o, al contrario, uno dei milioni di untermenschen, di diversi, di impuri da schiacciare come schifose larve.
Ho scrutato a lungo le gigantografie delle foto scattate, contravvenendo a tassativi divieti, da alcuni ufficiali delle SS che ci tenevano - precisi, zelanti, orgogliosi - a documentare e a custodire nell'album di famiglia le fasi di un lavoro metodico, pulito, ben fatto...
I bimbi ebrei ungheresi che si tenevano per mano mentre sgambettavano verso la camera a gas, con i musetti un po' perplessi un po' curiosi, come tutti i bimbi della loro età, erano i miei tre figli...
Non si può spiegare. Non si può scrivere.
Poi la sorpresa. L'inaudito.
Coppie d'innamorati, gruppi di amici si facevano fotografare abbracciati e sorridenti davanti al portone d'ingresso di Birkenau, con i piedi ben piantati tra le rotaie che ancora lo attraversano.
Come in piazza S. Marco o a S. Pietro. Come sotto alle tre cime di Lavaredo. Come a Santo Domingo o alle Seichelles. Come a ground 0. Come in un qualsiasi cazzo di posto del mondo dove vai in ferie o in gita, a segnalare con la tua orina che ci sei passato e che quella fetta di umanità, per gl'istanti che ci hai scodinzolato, era tua e volentieri l'avresti contesa a chi ci abitava da secoli o ci aveva abitato per immensi, immondi, insanabili istanti.
Niente paura. Le guide erano affabili, preparate, cortesi: ti facevano entrare nell'orrido ombelico della stolida crudeltà umana con professionalità sbrigativa e plausibili facce da circostanza. Raccontavano particolari rintracciabili in qualsiasi libro di storia delle elementari, ma centellinandoli come la quintessenza dell'informazione storica. Ripetutamente ricordavano le migliaia di polacchi internati e uccisi nella costellazione concentrazionaria di Auschwitz, senza mai precisare se si trattava di ebrei polacchi e senza mai minimamente accennare all'inveterato antisemitismo di moltissimi polacchi che suggerì a Hitler e ai suoi collaboratori di costruire e attivare proprio in Polonia la più massiccia e organizzata macchina di sterminio che mai avessero concepito: in effetti, moltissimi sapevano assai bene cosa accadeva ad Auschwitz e nei campi-satellite, ma pochissimi tentarono qualcosa in favore di chi vi era rinchiuso.
Tutti fotografavano tutto, nonostante i visibili e ripetuti cartelli di divieto, perchè l'essenziale non era osservare, con attenzione ed intenzione, lasciarsi attraversare dall'assurda normalità di quella campagna angosciante e irreale, fiorita di blocchi e di baracche, di sentore persistente di morte e di presenze umane insostenibili al pensiero, ma documentare a sè e agli altri la propria narcisistica presenza e locupletare i pc di migliaia di scatti digitali tutti penosamente identici e inanimati.
I cessi - decine di fori rotondi disposti con angusta regolarità al centro delle baracche - riscuotevano un enorme successo fotografico, quasi più dei pancacci a tre piani. L'emozione e l'effetto patetico erano assicurati, quasi come all'Isola dei famosi.
Levi, Améry, Bettelheim, Frankl, Celan, Wiesel...
e milioni di altre comparse scomparse dalla storia e dalla memoria...
siete morti invano.

venerdì 13 luglio 2007

Narcissus

Narciso è sempre in agguato, di 'sti tempi. Per giunta, adesso che sono quasi in ferie, ho più tempo per sparare cazzate (ma nè Bertoncelli, nè prete, in fe' mia!) e strali inaciditi. Serenamente. Perchè la vita è adesso, d'accordo, ma soprattutto è altrove e chi ha figli lo sa... Dunque, a presto, chè oggi devo giocare! songwriter

martedì 10 luglio 2007

I soliti (furbissimi) noti

Qualche amico mi ha chiesto perchè sono "sparito" dalla scena musicale friulana, perchè è così difficile (ah, il fascino delle cose difficili...) ascoltare un mio concerto.
Credo che sarebbe più opportuno chiedere perchè mi sono eclissato dalle pallide vetrine cultural-musicali di costì, pur conoscendone quasi tutti i protagonisti, e perchè non ho "sfruttato" appieno le maravigliose "possibilità" che mi si offrivano.
Semplice: perchè sono visceralmente alieno da ogni "sfruttamento" e "strumentalizzazione" di ciò che profuma di artigianato e di arte e perchè non sono mai stato abile a cogliere le "possibilità" di una qualsivoglia, pur provincialissima, carriera all'ombra dell'acquiescenza ai mediocri compromessi del demi monde cultural-musical-letterar-giornalistico locale.
In realtà (ma erano anni più ingenui), per qualche tempo ho creduto alle bellissime esperienze che stavo vivendo, io, figlio di Nessuno, nipote di Autolico, apolide, apostata, solitario, selvatico, furlan ma no furlanist, cantautore (meglio "cantastorie") inorganico alle etichette, allergico alle "sinistre" e alle "destre", alle fumosità ideologiche, "ai preti d'ogni credo, a ogni loro impostura".
Però, come ben sanno i furbetti locali, non si fa così, non si può far così se si vuole conquistare uno strapuntino al raro solicello del nostro "piccolo compendio dell'universo" e - ahimè, il dolor! - ...io non ambivo scientemente a conquistarlo!
A me piaceva e piace scrivere, cantare e regalare emozioni. Punto.
Promozione, marketing, interviste, salotti culturali, appartenenze e affiliazioni ai "circuiti culturali" che contano (e ce n'è, signori, anche nella nicchia! anzi, quelli di nicchia sono ancora più gelosi e detentori esclusivi di ciò che "fa" cultura: après nous le déluge!), cene di lavoro, relazioni con la stampa, abbracci e baci ai politici e ai manager di turno non sono mai stati il mio forte.
Ciò stupisce e scandalizza un po', mio malgrado, qualche starnazzante artistoide di chenti, onnimunito di suo bravo sito internet, gestito da "quelli che ti adorano, felici, senza intoppi / coi santi non si scherza: abbasso il Milan!; viva Coppi!", che mi vorrebbe presente ad ogni micragnosa rassegna, a ogni millantata vetrina di "artisti" locali per presentare il plurivincitore di Recanati, il "professore" (sâtu a me ce che mi scjalde...), sputtanarci un po' sopra e incassare gli applausi del (poco) pubblico che non si tira indietro...
Ragazzi, io sono sempre, appassionatamente, dalla vostra parte, ma libero, anarchico, capite?
Se volete, vi aspetto (In)solit'aria nella piazza di Anduins domenica prossima, 15 luglio 2007, alle ore 21.30.
songwriter

domenica 8 luglio 2007

Non ti fidar...

Vedi, caro vecchio amico sempre un po' off beat (ch'è, ad ogni buon conto, un gran bel modo di suonare: riascoltati, se hai tempo e fantasia, Fuoco sulla collina di Ivan Graziani), devo confessarti, con esitante fragoroso pudore, che ho sempre gigioneggiato e millantato la mia parte per darti a bere che sono sempre e comunque dalla tua.
Ma tu non credere, se vuoi scampare alla tagliola che t'ho approntato, sorridente, sul sentiero.
Non me ne volere.
Per decenni ho creduto - cuore, cervello e budella - alla meravigliosa leggenda dei "cantautori", la corrente inarrestabile che trascinava a valle detriti poetici degni di Leopardi insieme a perle montaliane e sputi plebei, ma comunque meritori di pensosa riflessione perchè "fatti non foste a viver come bruti"...
Ho perfino rasentato le sponde di qualcuno di quei torrenti e c'immergevo, felice, le mani e i piedi.
Più tardi ho scoperto quanto fossero rapinosi, e giustamente e inevitabilmente, perchè delle loro limpide torbide acque ci vivevano e non ammettevano, a cuor leggero, deviazioni e intercettazioni, pena la riduzione a uadi stagionali o insignificanti ruscelli .
Così, poco per volta, ho dato l'addio al paesaggio indimenticato della mia giovinezza e l'ho sostituito insensibilmente con un altro, indiscutibilmente migliore e al riparo da secche ed alluvioni.
Adesso sei tu che puoi rasentare, se vuoi, le sponde del mio torrente (lungo le sponde del mio torrente voglio che scendano i lucci argentati...) e scoprire quanto sono rapinose, e giustamente e inevitabilmente...
Voz y guitarra

lunedì 18 giugno 2007

surprise

Ehilà, ma tu guarda, non sono il solo a rileggere, a cadenze geologiche, le libere polluzioni che talvolta mi sfuggono dalla tastiera!
Non ho comunicato ad alcuno dei miei corrispondenti multimediali l'esistenza di questo intermittentissimo e disaggiornatissimo blog (salvo che ad un'animula vagula blandula, ma questa è un'altra privatissima storia...): dunque reperirlo richiede qualche divagazione volontaria e tenace, pur se non impossibile.
Ringrazio l'anonimo (blasonata progenie!) che ha commentato il mio post precedente. Per giunta scrive dal forest, dall'estero, sempre che abbia ancora un senso la parola confine. E ne ha (purtroppo, transitoriamente, o per fortuna), ne ha, eccome...
Sapere che qualcuno ricerca i miei "rozzi" parti discografici sollecita, inevitabilmente e piacevolmente (ma parcamente, perdio, parcamente!) il narcisismo, deprecabile e auspicabile, prevedibile e plausibile, di ogni "artista" o "artigiano" o presunto o millantante tale.
Speriamo di ricadere, benevolmente, tra le prime due ipotesi.
Caro anonimo, di "Qualcose" non possiedo più che una copia personale, ma sono disponibilissimo a piratarmi da solo, se davvero ti fa piacere ascoltarlo! Personalmente, pur amandolo disperatamente come un padre ama tutti i suoi parti musicali, comunque concepiti o malamente abortiti, lo sento malinconicamente allontanare come il tempo che intercorre tra il mio primo vagire creativo e l'attuale ricerca musicale e testuale più complessa e perplessa, esitante e incalzante, ma sostanzialmente diffidente nei confronti di un "pubblico" sempre meno disposto a mettersi in gioco e ad accettare la sfida di un confronto tra un'anima che canta e un'anima che ascolta.
Anima, anemos, cioè vento. Conosci qualcuno che sia mai riuscito davvero a imprigionarla ?
Spero di no.
Ti annovero tra gli xenoi, gli ospiti omerici di cui non si può mai dimenticare l'amicizia e l'ospitalità, nemmeno se il destino ci contrapponesse in guerra.
songwriter

venerdì 1 giugno 2007

E' interessante questa manfrina. L'illusione frenetica (nel senso etimologico) di vivere perchè si produce: oggetti, soldi, speranze, illusioni, parole, risate...
Qualsiasi cosa: meglio se inutile.
E non certo per il nobile ars gratia artis.
Non è necessario che sia vero: l'importante è far credere che lo sia. E non è poi, o più, così difficile.
I pesci abboccano volonterosi all'amo, s'inchinano, si prosternano, ringraziano ossequiosi. Ineffabili e ignari.
Tutti sanno tutto. Tutti credono di sapere tutto. Di tutti.
Alcuni pudicamente esitano, perplessi. In silenzio studiano, riflettono, rimuginano, scrivono, senza perseguire vanità di stolida fama.
Non guardano i reality. Trovano che Vespa sia un astutissimo coleo o, se preferite, un abile caput mentulae. Ma non trovano granchè brillante e geniale neanche Santoro.
E anche Biagi (onore al merito e alla veneranda età), per quanto decisamente meglio del consueto peggio (ma non sufficiente per essere francamente eccellente), suona un po' fuori dal tempo, stonatello d'un quarto di tono, ma bonariamente, insomma, o giù di lì.
D'accordo, l'orecchio assoluto è privilegio di pochi...
Alcuni astuti non hanno nemmeno la tv (orrore!). Oddio, un tempo ce l'avevano: i loro genitori l'avevano acquistata a sudate cambiali negli anni '60. Ma era un'altra storia, in tutti i sensi possibili. E allora, appena giunti all'età della ragione, l'hanno gioiosamente rottamata e respirano intensamente meglio degli altri, per quanto non vi sia alcuna garanzia che possano farlo più a lungo dei meschini che ne sono schiavi.
Qualcuno non osa confessare nemmeno a sè stesso, nella più atra e tempestosa notte, che ha sognato sadicamente di sbranare a guisa di maciulla i bit, i byte, la velocità di connessione, la risoluzione video, l'interconnettività, e-mule, la mail, il dominio, l'hosting, il real time, l'external/eternal connessione con il tutto e il nulla.
Ulisse la sapeva lunga: per agguantare la libertà bisogna essere Nessuno.
songwriter

martedì 22 maggio 2007

aggiorna, aggiorna...

Quant'è che non scrivo qui? Mah, settimane, direi.
Niente paura. Scrivo molto, altrove. Non per snobismo, ma per necessità.
Scrivere implica riflessione, ripensamento, tempi lunghi (mai reali), concentrazione, gratuità assoluta e sovrana indifferenza all'apparire.
Il blog è, sostanzialmente, apparire e, non a caso, rispecchia soprattutto generazioni nate a partire dagli anni '80 del secolo scorso, che eiaculano milioni di parole quotidiane in infiniti orgasmi narcisistici, ma raramente approdano all'arte, alla bellezza.
Quest'ultime io inseguo - paradosso, ossimoro e contraddizione - anche in questo blog.
E lo aggiorno talvolta, talora, talmente di rado da scordarmene...
Per il populismo fresco di giornata, non posso esservi d'aiuto: rivolgetevi a Beppe Grillo.

giovedì 26 aprile 2007

However...

Come uno scalatore solitario silenzioso e schivo a scrutare il prossimo appiglio la cengia, il foro, la lingua, il dito pietra cui aggrappare intera la vita. Non si fa per il pubblico onirico e onanico che applaude l'auspicio di vederti cadere ragionevole pathos da collaudato voyeur. Non si fa per l'amore pletorico e icastico che ama l'artificio di vederti cambiare ragionevole mithos da consumato viveur. Come uno scalatore solitario silenzioso e schivo mi auguro che saprai rinunciare a contemplarti sull'abisso eternamente vivo. songwriter

martedì 24 aprile 2007

verify veritas, if you can or want or would...

Non so se sia legittimo sentirsi stanchi... Ragazzi, la performance ha le sue leggi, consuetudinarie, scritte o non scritte, comunque cogenti: bisogna essere dinamici, atletici, attivi, efficaci, utcumque giovani(li), produttivi, accattivanti, brillanti, duttili, inesorabili, inesauribili. Io mi sento stanco: allora rispolvero dalla custodia la chitarra e canto. Scrivo e canto. Nessuno intorno: benedizione. Nessuno intorno: maledizione. Non voglio un pubblico. Di cazzutissimi pubblici ce n'è fin troppi. Pronti allo scatto per fotterti, a stirare il collo per farsi riprendere da un angolo morto di telecamera. Se non appari, non sei: miserabile ectoplasma da strapazzo, lemure di vanescente periferia. Jo o soi ce ch'o soi; jo o soi chel ch'o soi. Cui che mi cîr mi cjate; cui che no mi ûl mi disbrate. Ma jo o ten dûr. Nome lis lidrîs a cressin te vuate. songwriter

giovedì 19 aprile 2007

Nulli se dicit mea nubere malle quam mihi, non si se Iuppiter ipse petat. Dicit: sed mulier cupido quod dicit amanti in vento et rapida scribere oportet aqua. ( C. Valerius Catullus, Carmina, 70) Necessita traduzione? Fatemelo sapere, ma non è detto che ve l'appronti! songwriter
Capisco. Il blog necessita di aggiornamento costante, frequente, in tempo reale (reale?! virtuale, direi...). Oggi ci s'annoia facilmente e l'antidoto è un frenetico dinamismo apparente, la stolida lubricità della lucertola che, all'occorrenza, pur di sfuggire o di stupire, ci lascia, sbeffeggiante, la coda. Salvo essere catturata pochi metri più in là da esperte e crudeli mani infantili...
E, stavolta, niente più code da lasciare in cambio d'un palmo di naso, ma la vita. E una strisciata rosso pastello a essiccare sulla pietraia o sul cemento.
Tale quale il sangue o la salsa dei reality show e dei brave adventurers dalle cinture esplosive che credono sia bello morire e far morire. Così.
Bene per loro che lo credano: perchè, se solo sospettassero d'essere così patetici da non meritare nemmeno la piega/piaga d'un sorriso o il sussulto d'un'autentica angoscia, svanirebbero nell'aria irrespirabile come fumo inconsapevole nell'indifferente antro di un camino.
Ma noi non ce la ridiamo...

sabato 14 aprile 2007

Ho sempre, speratamente e disperatamente, cercato l'armonia, l'equilibrata bellezza delle parole accordate con la musica e il pensiero. Non credo d'esserci riuscito, per infinite ragioni e pretesti, soggettivi, oggettivi e misti. Forse, talora, in frammenti isolati dal tutto o del tutto, si può riassaporare il gusto e il retrogusto dell'essere in pace con sè stessi e con gli altri. Sommando questi frammenti, il risultato non è la vita (o un suo spaccato credibile), ma alcune straordinariamente ordinarie od ordinariamente straordinarie porzioni di essa. Di questo e d'altro si parla in questo sito, dedicato ai miei amici e ai miei riottosi complici.

giovedì 12 aprile 2007

Ammesso che...

Ammesso che abbia un senso aprire un ulteriore blog nel calderone multimediale che ci crogiola tutti... ho deciso di farlo. Può darsi che me ne stanchi - e definitivamente - domani o, com'è più probabile, che mi ci acquatti, gongolando, alla ricerca di amici, detrattori, passanti in cerca d'avventura o di ventura, ma disposti a non farsi imbalsamare dal vento, becero, del presente e dall'aria insopportabilmente leggera del nulla occidentale che c'inonda... Songwriter "C'è un forte rumore di niente..." (F. De Gregori, Rumore di Niente)