giovedì 12 settembre 2013

Ave, Cesare...



E ora una considerazione generale. Ogni studioso ha passato la vita a svolgere esperienze, ammassare conoscenze, assimilare interi mondi culturali; ha imparato lingue e dialetti, ne ha registrato le sfumature e le fasi storiche, persino le cadenze; incontrando centinaia d’individui, ne ha abbozzato una tipologia e ha imparato le tattiche necessarie per prendere contatto e scambiare idee ed impressioni con loro. Tutto questo costituisce un patrimonio di milioni di piccole o importanti nozioni che solo in minima parte può essere trasmesso ad altri. Quando l’individuo muore, muore con lui questo tesoro di conoscenze ed esperienze; viene, ad essere crudelmente franchi, azzerato. E gli altri ricominceranno ad esperire e registrare e assimilare, per poi finire allo stesso modo. Quanto spreco.”

Se alla parola “studioso” si sostituisce “uomo”, mi pare che queste considerazioni di Cesare Segre, tratte dalla sua singolare autobiografia Per curiosità (Einaudi, Torino 1999, p. 256), mantengano sostanzialmente intatta la loro pregnanza e assumano una malinconica e leopardiana valenza universale.

Culturalmente, devo moltissimo a Segre, di cui ho letto e studiato con appassionato profitto vari saggi, ma infine è soprattutto di questa autobiografia che lo ringrazio perchè mi ha definitivamente rivelato la sua umanissima Weltanschauung di limpida e laica estrazione ebraica (la rima non sostanzia un ossimoro e non è affatto involontaria).
  Per uno come me, che vanta orgogliosamente nel suo dna un ottavo di sangue ebraico, è una rassicurante – anche se non proprio rasserenante - testimonianza che si può vivere, crescere, studiare, scrivere e credere anche all’interno della perplessità e del dubbio, guardingamente lontani da ogni fanatismo e pregiudiziale sicumera di verità.