giovedì 1 marzo 2012

MANDI LUCIO...

La lista si allunga.
Inevitabile.
E' l'età che rotola. Ma il magone resta e si profonda.

In ordine sparso: Fabrizio (De Andrè), Giorgio (Gaber), Pierangelo (Bertoli), Sergio (Endrigo), Stefano (Rosso: qualcuno se lo ricorda?), Ivan (Graziani), Bruno (Lauzi), Piero (Ciampi), Rino (Gaetano), Luigi (Tenco)...

Ho consumato le dita e il cuore sulle loro canzoni e ho imparato ben più che accordi e parole.
Alcuni mi riuscivano quasi impossibili da cantare, per ragioni di timbro ed estensione, ma ci provavo lo stesso. 
Lucio Dalla è sempre risultato uno dei più ostici per via della sua straordinaria vocalità quasi acrobatica: mai riuscito a cantare decentemente l'intera partitura de L'anno che verrà: il fellone partiva abbordabile in tonalità di RE, ascendeva blandamente e potabilmente in MI, infine s'inerpicava sul sesto grado del DO per chiudere con melodia ad anello... ma in tonalità di SOL!
E lì non ce n'era per nessuno... o almeno per me!

Vogliamo parlare di Caruso?
Forse è meglio lasciarlo fare agli esperti discettanti critici e musicologi, non potendo più contare sulla calorosa testimonianza di Luciano Pavarotti, anche lui ormai da tempo arruolato come solista d'eccezione nei cori angelici.

Tuttavia, in questo mio piccolo spazio adespoto, non vorrei acco(r)darmi al coro dei peana e dei treni d'occasione, ma riproporre una testimonianza dell'intelligenza e della sensibilità di Lucio Dalla che andava ben al di là della sua fama e del suo "mestiere" di compositore, interprete, cantante e cantautore.
Si tratta di una recente intervista di Aldo Cazzullo a proposito della "decadenza" sociale, culturale e artistica di Bologna dagli anni '60 ad oggi.

http://www.corriere.it/cronache/12_febbraio_06/bologna-grande-gelata-cazzullo_5e203172-5096-11e1-aa9f-fca1e0292c07.shtml

Quasi quasi mi rincresce di essere nato troppo tardi....