sabato 21 dicembre 2013

Andrea Allione



Mi rifiuto di credere che non potrò mai più incrociare la mia rotta e le mie dita con un uomo e un musicista così.
Dunque, ci rivedremo senz’altro nelle sterminate gratuite e interminabili session dell’aldilà, dove amici musicisti strumenti parole risate affolleranno l’anima di gioia e curiosità.
Se l’eternità esiste ma non è così, allora lasciatemi senza rimpianti al “nulla eterno” di Foscolo e Leopardi (che rabbia, però, non poterli rivedere e discorrere amabilmente con loro!).

Andrea Allione ha suonato chitarra elettrica, acustica, slide e basso elettrico nel cd Doi che io e Lino Straulino abbiamo registrato insieme nel 1999 e pubblicato nel 2000, ma ci ha anche amorevolmente accompagnato in alcuni concerti dal vivo.
Ricordo che l’idea era nata dal produttore Valter Colle, il quale ci aveva proposto di affiancare Andrea Allione (che allora viveva e lavorava in FVG) al nostro lavoro in studio, lasciandoci piena libertà di cassare il tutto, qualora non fosse di nostro gradimento.
In effetti, il progetto era originariamente nato con un imprinting rigorosamente e schiettamente acustico; due chitarre acustiche, due voci, armonica a bocca, qualche ponderata sovraincisione e nulla più.
Poi è arrivato Andrea con la sua utilitaria sovraccarica di magnifici strumenti a corda e l’aria da folletto irridente: ha ascoltato i brani, ha registrato le sue idee in aggiunta alle nostre e, alla fine, chi avrebbe avuto la stolida sfrontatezza di dire di no a un regalo così...?

Sì, è vero, è stato per qualche anno il chitarrista di Paolo Conte in tour mondiale, ma non chiedetemi cosa ne pensava, aldilà dell’indiscutibile stima artistica...





giovedì 19 dicembre 2013

Qoelet - Vanità etimologica dell'insegnante




Sì, devo spudoratamente confessarlo: il mio “mestiere” di prof. l’ho scelto.
Avrei potuto decisamente fare altro e talvolta mi chiedo, tra il lusco e il brusco, se la scelta sia stata, e persista ad essere, la migliore.
Ultroneamente confesso che oggi non saprei rispondere positivamente con la stessa gioiosa sicumera e determinazione con cui avrei risposto qualche anno fa: sarà l’età che avanza, l’inevitabile logoramento, il disincanto...
Devo anche riconoscere, tuttavia, che coltivo passioni e interessi che hanno retto assai meglio all’assalto del dubbio, dell’età e del tempo.
Non credo sia esclusivamente colpa mia, per quanto riconosca che excusatio non petita, accusatio manifesta... e sono inoltre ben consapevole di quanto sia gratificante - per i più - accovacciarsi al rassicurante tepore dei proverbi e degli stereotipi.

Insegnare è un mestiere difficile, come allenare una squadra di calcio: misteriosamente (si fa per dire) e spesso minacciosamente, la maggior parte degli italiani pretendono e vantano di sapere come si debba allenare un mirabile ensemble pedatorio e insultano – ovunque e comunque – chiunque ci provi a farlo professionalmente, esibendo mirabili competenze in campo tecnico che sostanzialmente fanno scompisciare dalle risate i veri competenti.
Nel calcio, però, la faccenda è oltremodo seria (!): in fondo, si tratta di milionate di euro (massicciamente comprese scommesse clandestine, truffe e dolcissime biscottose combine) e sugli euro a palate – è ovvio, ragazzi! – non si ammettono discussioni: il proprietario di una squadra di calcio non si sognerebbe mai di dare retta o magari nominare allenatore chi urla insulti a voce più alta in un bar dello sport . Forse...
Nella scuola, invece, no.
Lì, ognuno può serenamente dire e millantare ciò che vuole, in modo del tutto indipendente dal ruolo e dalle competenze specifiche che ha. Ad esempio un genitore, meglio se munito di laurea in qualsivoglia modo conseguita e non attinente alla disciplina d’insegnamento, può far presente al prof. che è un incompetente e un incapace [il concetto bravamente sottinteso è: “la mia laurea vale quanto, anzi, ben più della tua, t. d. c.! (scrivetemi in privato e vi rivelerò l’arduo scioglimento della sigla...)”] e insegnargli come si fa ad insegnare.
La frase-tipo è: “Non voglio insegnarle il suo mestiere, ma...”:
Come ogni dilettante di psicologia sa, ciò che davvero vuole dire l’interlocutore arriva dopo il “ma” e vanifica allegramente l’ipocritamente bonaria pseudopremessa.
In genere lo scopo dell’ingerenza a gamba tesa nella professione altrui è la tutela ad oltranza e a prescindere del pargolo/a (magari già alto/a un metro e novanta e con gli ormoni in piena esplosione) che non studia un cazzo, non sta mai attento/a alle lezioni, non porta i libri di testo, palesa assoluto disinteresse per qualsivoglia argomento (che non siano le giovinette o i giovinetti dell’altro sesso o anche del proprio, che ben s’intende).
Mammà (di solito i padri latitano durante l’adolescenza scolare dei figli) non può ammetterlo e inorridisce perchè il figliolino/a non corrisponde al ritratto idilliaco che lei amorosamente coltiva tra le mura domestiche e la colpa, ovviamente, di chi è?
Lapalissiano: esclusivamente, vergognosamente e dolosamente dell’insegnante che non lo/la capisce, non lo/la motiva, non lo/la appassiona, non gli/le cambia il pannolino, non gli/le porta le caramelle, non gli/le dice “bravo/a” quando fa una cazzata (e le fa spesso) e, così agendo, l’ignorante malvagio insensibile docente danneggia in modo irreparabile la preziosissima autostima del/della povero/a studentello/a fancazzista/a.

...

martedì 22 ottobre 2013

Care ragazze e cari ragazzi, la vita è ingiusta: abituatevi!



Premessa: il sottoscritto è un meschino prof. di scuola secondaria di secondo grado e insegna Italiano e Latino in un bel Liceo scientifico di provincia, il °°° di ***.
Da pochi anni mi sono trasferito a *** con la mia famiglia e, attualmente, il “mio” sindaco è Paolo Urbani.
Purtroppo, non ho potuto votarlo, perchè mi sono trasferito qui dopo la sua elezione.

  Da quando vivo a ***, ho constatato che il Primo Cittadino ama interloquire (sostanzialmente a senso unico, che ben s’intende) con i suoi amministrati e a questo scopo invia ogni tanto lettere (a loro spese) ai residenti nelle quali spiega la squisita bontà delle sue scelte amministrative o giustifica con ragioni di forza politico-amministrativa maggiore l’ineluttabilità di quelle impopolari.
Tutto ciò è lusinghiero e opportuno e, naturalmente, non posso che congratularmi per tanta efficacia comunicativa che si avvale di un mezzo – la posta cartacea – quanto mai moderno e interattivo.

  Nella mia dabbenaggine, tuttavia, non potevo sospettare che l’Urbani fosse un intemerato, aggiornatissimo e scafato internauta, capace di scovare nei meandri digitali perle d’inarrivabile pregiata saggezza.
Ebbene, qualche giorno fa, ho dovuto decisamente e vergognosamente ricredermi alla vista d’una missiva che mi sono ritrovato in classe, sulla cattedra da cui facevo lezione. Eccola:
 
 
 
  Lo confesso, sono rimasto piacevolmente stupefatto - per non dire basito - per molteplici ragioni: in primis, la precisione della data in calce che situa il messaggio in una “nuvola” cronologica che oscura – benigna! – l’intero mese di ottobre.
In secundis, per il mirifico understatement e/o sprezzatura di cui dà prova il Sindaco (con la maiuscola, come lui stesso ama digitarsi): “Vi assicuro che questa è la più bella lettera che mi accingo a scrivere da quando sono Sindaco”.
In scuse mi profondo: pensavo fosse un sindaco, invece era San Paolo...
Infine (ma son davvero quisquilie), per il fatto che il presunto decalogo del munifico Gates è un falso acclarato, una leggenda metropolitana che circola in internet da almeno 13 anni e ogni tanto gode di qualche reviviscenza, magari via Facebook o altri canali similari (se volete farvi un’idea, cuccate qui: http://urbanlegends.about.com/library/bl_bill_gates_speech.htm; http://www.ferrucciogianola.com/search?q=bill+gates; http://lecosechestannodietro.blogspot.it/2013/04/le-dieci-o-undici-regole-di-billy.html).

  In realtà, l’artefatto decalogo, sostituto contemporaneo del declinante archetipo biblico, è frutto della geniale (!) creatività di un giornalista, didatta originale e accattivante pedagogo, autore di ben più che un decalogo (visto che le sue pungolanti regole sono ben 50), pubblicato in volume nel 2007 e, dunque, aggiornatissimo e di fresca produzione.
Si tratta di un ponderoso e imperdibile libello acquistabile a pochi dollari – scontatissimo - qui: http://www.amazon.it/dp/B009WVJSZG/ref=as_li_tf_til?tag=httpferruccio-21&camp=3458&creative=23838&linkCode=as1&creativeASIN=B009WVJSZG&adid=1YH4MEH8VZZW97W.
I commenti al testo su Amazon sono, ovviamente, in larga maggioranza positivi e inneggianti, come accade con i “mi piace” su Facebook: far parte della vasta brucante mandria dell’ovvietà a buon mercato e del luogo comune, meglio se accompagnato da crassa ignoranza dell’argomento di cui si tratta, è da sempre gratificante, rassicurante e, per di più, consente poderose iniezioni di pubblico consenso e autostima.
Superfluo precisare che il testo ha a che fare con la realtà scolastica americana: vd. i semestri, la presunta abolizione dei voti e dei giudizi, l’utopia degli stipendioni multimigliadollarosi alla fine della scuola superiore (cosa notoriamente facilissima in Italia, con oltre il 40% di disoccupazione giovanile...).
Infine e gioiosamente, ha sicuramente a che fare con la simpat(et)ica ideologia western-capitalistica dell’autore: la vita è dura, i capi (e i prof.) son tutti bastardi, il mondo è fatto di vincenti e di perdenti, che ti piaccia o no vince chi spara più veloce e per primo: dunque, ragazzo, svegliati, compra una colt e una buona scorta di cartucce, non fare il piagnone, addestrati, centra il bersaglio e così ti sarai guadagnato onestamente il tuo pane e l’incondizionata ammirazione dei tuoi simili.

  E se, invece e putacaso, sei uno malauguratamente normale, non agguerrito, non aggressivo o, peggio, sei uno  sfigato, un incerto, un timido, un disabile, un emarginato, un disadattato, un idealista...?
Non preoccuparti: ci penserà opportunamente la dura vita reale a toglierti di mezzo.

  Effettivamente, duole ammetterlo, caro Urbani: stronzate (pardon: sciocchezze) simili la scuola italiana, stolidamente e attualmente, non le insegna.
Io lo considero un blasone di merito, la ragione per cui sono ancora qui a vivere il mio lavoro (e, mi creda, avrei potuto sceglierne altri), ma lei è di diversa opinione: ne prendo atto e rabbrividisco.

  Ancor più edificante, in quanto decisamente e venialmente involontario (!), m’è parso il fatto che le stesse scarne e ficcanti parole poste in apertura dell’epistola sindacale (quelle del “discorso pungolante” e “stimolante”, per intenderci) non siano farina dell’urbanico sacco, ma derivino in buona sostanza e con lievi modifiche da qui (o dalla più o meno remota fonte di “qui”: da molti anni, ormai, svariati presunti giornalisti ricicciano copiaincollando chicchessia e chicchecosa): http://www.vita.it/societa/scuola/le-10-cose-che-la-scuola-non-insegna.html.

  Ho ulteriormente apprezzato la ponderata scelta del Primo Cittadino di indirizzare la lettera esclusivamente alle “care ragazze” e ai “cari ragazzi”: non c’è traccia dei genitori, dei docenti, del personale A.T.A., del dirigente scolastico, del dirigente amministrativo...
E che sarà mai? Cosa c’entrano queste inutili comparse con la scuola? Perchè mai rivolgersi anche a loro nell’elegante epistola d’avvio dell’anno scolastico?

  Ma passiamo senz’altro al contenuto della pregevole missiva.
Tra gli altri ho trovato decisamente meraviglioso il primo comandamento del decalogo: “La vita è ingiusta: abituatevi!
L’affermazione mi pare storicamente, educativamente e didatticamente pregnante e inoppugnabile: peccato, davvero peccato, che non fosse disponibile in forma così icastica e lampante ai nostri nonni (non tutti, lo sappiamo e lo so...) antifascisti, resistenti e combattenti. “Il fascismo, il nazismo sono ingiusti: abituatevi!
Non crediate, anime belle, d’incastrarmi a buon mercato: lo stesso discorso vale per “Lo stalinismo è ingiusto: abituatevi!” e, soprattutto, per l’attualissimo: “Il turbo capitalismo finanziario e la selvaggia economia di mercato sono ingiusti: abituatevi!
Di questi tempi, poi, l’affermazione mi pare ancora più significativa e quanto mai efficace: propongo d’installare senza indugi sul molo di Lampedusa un poderoso impianto d’amplificazione che diffonda a distanza di molte miglia marine il contenuto del primo comandamento (ma anche il secondo farebbe senz’altro all’uopo): così i bastardi profughi in cerca d’illegale e immeritata speranza nel nostro paese potranno capire, un attimo prima di naufragare, che non avevano alcuna motivata ragione di provarci.

  Non male anche il comandamento n. 2: “Il mondo se ne frega per (più esattamente: “della”, ma grammaticalmente non si può pretendere granchè dall’acribico Urbani) la vostra autostima. Il mondo si aspetta che combinate (sic! vd. sopra) qualcosa prima di poterne gioirne voi stessi (ulteriormente sic! vd. sopra).
Sig. Urbani, sono con lei toto corde: la riflessione su questa adamantina sententia è davvero “pungolante” e “stimolante”!
Proprio in questi giorni ho avuto a che fare con un mio studente in preda a crisi di panico (malauguratamente, so di che parlo per esserne stato coinvolto anch’io, non molti anni fa) e in evidente crisi di autostima. Inoltre (per quanto suoni davvero incredibile nel migliore dei mondi possibili!), sono sempre più numerosi i nostri studenti con DSA o più semplicemente con BES - come vuole la vomitevole mania acronimo-burocratica dei nostri giorni - o, ancora più semplicemente, alle prese con la dolorosa esaltante esperienza del burrascoso crescere adolescenziale: vorrebbe gentilmente, egregio signor Sindaco, concederci la Sua benevola presenza in quel del Liceo °°° per leggere loro stentoreamente il magnifico decalogo che ci ha, digitalmente, inviato?
Magari gli studenti in questione, miracolosamente, si riavrebbero e la ringrazierebbero per la sua benefica e risolutiva presenza...

  Epperò, alla fine e in fondo, riconosco che anch’io sono della stessa umanissima pasta dell’emerito sindaco Urbani e, perciò, volentieri mi avvalgo dell’agevole formula del copia-incolla e ripropongo da Amazon l’argomentato commento (uno dei pochissimi) di un intelligente collega americano all’imperdibile parto di Charles J. Sykes.
Tra l'altro, leggendo il testo originale in lingua inglese delle moderne Tavole sinaitiche è agevole constatare che la versione copiaincollata da Urbani è, con tutta probabilità, il risultato di una traduzione automatica (probabilmente il popolarissimo e comicissimo Google translate) malamente rabberciata con qualche correzione a posteriori: la cosa è particolarmente evidente nel testo della regola 7, non troppo perspicua in italiano al punto 3, o terzo pallino, se preferite (I vostri genitori sono diventati noiosi... "a furia di ripetere quanto siete bravi e intelligenti"), mentre è invece chiarissima in inglese: listening to you talk about how cool you thought you were, che significa tutt'altra cosa.

By LemonDrop "LemonDrop" (Tempe, AZ USA) - 
After reading through Sykes "Rules you won't learn in school" I'm very glad he has never influenced either my own children or my students. Just responding to the "11 Rules You Won't Learn in School" which has been floating around on the Internet for years, let me to these responses:

Rule 1: Life is not fair - get used to it!
But striving to make the world more fair is one of the greatest aspirations we can impart to children. I value the better world we live in because of the Civil Right Act and all anti-discrimination laws that protect people of all sexual orientations, religions, and ethnicities. We still have a long way to go and I want my students to continue to fight injustice wherever they see it.

Rule 2: The world doesn't care about your self-esteem. The world will expect you to accomplish something BEFORE you feel good about yourself.
As your teacher, I do care about how you feel about yourself. And I care about whether you ate breakfast before you came to school and whether you have parents at home when you return and a place to study. I do not want to live in a world where we do not care about each other as human beings. And my caring for my students is independent of whether or not they have done their homework. I wouldn't want it any other way.

Rule 3: You will NOT make $60,000 a year right out of high school. You won't be a vice-president with a car phone until you earn both.
Earning money is capricious. Most of us have to work very hard for many years at jobs that that are often not glamorous. Others become pro sports stars or entertainers with little education. The best we can do is become educated enough have choices to make satisfying careers and not be envious of others.

Rule 4: If you think your teacher is tough, wait till you get a boss.
Some teachers are tough; others are not. Some bosses are tough; others are not. Set high standards for yourself and meet them.

Rule 5: Flipping burgers is not beneath your dignity. Your Grandparents had a different word for burger flipping: they called it opportunity.
There weren't any fast food restaurant jobs when my grandparents were young. They would have no idea what this was about. But I see plenty of young people working hard at all kinds of low-paying jobs. More and more are paying their own way through college. I think my grandparents would be proud.

Rule 6: If you mess up, it's not your parents' fault, so don't whine about your mistakes, learn from them.
If children today have learned that their mistakes are the fault of their parents, it's because their parents have not allowed them to make mistakes or suffer the consequences of them. Back off mom and dad.

Rule 7: Before you were born, your parents weren't as boring as they are now. They got that way from paying your bills, cleaning your clothes and listening to you talk about how cool you thought you were. So before you save the rain forest from the parasites of your parent's generation, try delousing the closet in your own room.
I celebrate this generation of young people who care about their environment and the suffering of people in distant parts of the world. They volunteer at a high rate; they participate in causes; they are a compassionate people. Who cares what the inside of their closets looks like?

Rule 8: Your school may have done away with winners and losers, but life HAS NOT. In some schools, they have abolished failing grades and they'll give you as MANY TIMES as you want to get the right answer. This doesn't bear the slightest resemblance to ANYTHING in real life.
Every school I know has failing grades and high expectations for academic achievement. But learning is also about making corrections, learning from error, and revising poor work. Let's see in "real" life, you can be the CEO of an investment bank, cause the entire world economy to tank, and then walk away with a fat bonus. Is that what we want "real life" to be?

Rule 9: Life is not divided into semesters. You don't get summers off and very few employers are interested in helping you FIND YOURSELF. Do that on your own time.
See Rule #2: Learning and working are intimately tied to working together in a collaborative healthy community. We should all be concerned with the welfare of others. As teachers, we need to get to know our students so we can work effectively with them. More and more businesses have also adopted approaches to improve morale, improve working conditions through training, workshops, seminars, retreats. Why? It improves productivity.

Rule 10: Television is NOT real life. In real life people actually have to leave the coffee shop and go to jobs.
Television is entertainment. Everyone knows this. I'm sure my grandparents knew that the Cartwrights on Bonanza wouldn't have had time to sit around the ranch chitchatting. . . too much poop in the horse stalls to clean out. No one expects television to be real life and there is no research that shows that people are all that affected by television.

Rule 11: Be nice to nerds. Chances are you'll end up working for one.
How about "be nice to everyone?" That's what we teach at school. Though the author of this list apparently thinks that we don't cover that.

Thanks, Lemon Drop


Se per caso abbisognasse d’una traduzione, mi faccia sapere, egregio sindaco Urbani.


sw


P.S. A quanto pare, il sindaco Urbani non è nuovo a queste gioconde prassi da plagiario copiancollatore: m'era sfuggita questa sua precedente (e ben più imbarazzante) prodezza in occasione del 150° anniversario dell’Unità d’Italia: http://www.contegemona.it/2011/03/28/beccato/
Avanti così, Primo Cittadino: per aspera ad astra!