“E ora una considerazione generale. Ogni
studioso ha passato la vita a svolgere esperienze, ammassare conoscenze,
assimilare interi mondi culturali; ha imparato lingue e dialetti, ne ha
registrato le sfumature e le fasi storiche, persino le cadenze; incontrando
centinaia d’individui, ne ha abbozzato una tipologia e ha imparato le tattiche
necessarie per prendere contatto e scambiare idee ed impressioni con loro.
Tutto questo costituisce un patrimonio di milioni di piccole o importanti
nozioni che solo in minima parte può essere trasmesso ad altri. Quando
l’individuo muore, muore con lui questo tesoro di conoscenze ed esperienze;
viene, ad essere crudelmente franchi, azzerato. E gli altri ricominceranno ad
esperire e registrare e assimilare, per poi finire allo stesso modo. Quanto
spreco.”
Se alla
parola “studioso” si sostituisce “uomo”, mi pare che queste considerazioni di
Cesare Segre, tratte dalla sua singolare autobiografia Per curiosità (Einaudi, Torino 1999, p. 256), mantengano sostanzialmente intatta la
loro pregnanza e assumano una malinconica e leopardiana valenza universale.
Culturalmente,
devo moltissimo a Segre, di cui ho letto e studiato con appassionato profitto vari
saggi, ma infine è soprattutto di questa autobiografia che lo ringrazio perchè
mi ha definitivamente rivelato la sua umanissima Weltanschauung di limpida e
laica estrazione ebraica (la rima non sostanzia un ossimoro e non è affatto
involontaria).
Per uno come me, che vanta orgogliosamente nel
suo dna un ottavo di sangue ebraico, è una rassicurante – anche se non proprio
rasserenante - testimonianza che si può vivere, crescere, studiare, scrivere e
credere anche all’interno della perplessità e del dubbio, guardingamente lontani
da ogni fanatismo e pregiudiziale sicumera di verità.
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