Le parole, checchè se ne dica o pensi, hanno un senso.
Gli amici sono persone importanti, essenziali, insostituibili: le sole che puoi, veramente, scegliere.
A costo di sbagliare e pentirtene - amaramente e tardivamente - poi.
Tuttavia, qualcuno resiste allo tsunami devastante dell’esperienza e della vita ed è meraviglioso sapere che potrai contare su di lui fino all’ultimo (letteralmente) respiro.
Per questo trovo visceralmente intollerabile ed ipocrita che si possa abusare strumentalmente di questo termine per indicare – putacaso – persone che conosci un po’, che conosci poco, che conosci tramite, che conosci appena. “Semplici conoscenti”, esistenze intersecate temporaneamente, inavvertitamente: per lavoro, per hobby, per caso.
Non necessariamente banali: il mistero è profondo, insondabile, prezioso e, talora, dalla labile contiguità dell’esistere sbocciano germogli durevoli di complicità.
Facebook, però, mi violenta ad accogliere come “amici” tutti coloro che bussano all’ennesimo uscio multimediale, senza lasciarmi possibilità di autentica scelta.
Finora ho abbozzato e abboccato, nell’ingenua speranza di padroneggiare il gioco senza indurmene schiavo, ma l’anagrafe mi ricorda che son nato ben prima di ieri (ahimè... ?!) e che c’è differenza fra gl’ingenui, i liberti, i meteci e gli schiavi...
Igitur, non credo che durerò a lungo nella palude vischiosa degli angeli ignavi...
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